Si parla molto di industria 4.0 e di come il modo di lavorare cambierà nei prossimi anni.
Stiamo costruendo una società ove avranno sempre più spazio l’intelligenza artificiale, la robotica e la biotecnologia.
La domanda che mi faccio è la seguente: rispetto allo sviluppo tecnologico che stiamo realizzando, siamo preparati alle conseguenze?
E soprattutto, abbiamo una vision a medio e lungo termine di come bisognerà riorganizzare la società dal punto di vista delle relazioni umane e del lavoro?
Perché queste riflessioni?
Negli anni ’70 e ’80 la maggior parte dei lavoratori iniziava un’attività professionale e spesso concludeva la sua carriera lavorativa nella stessa azienda ove avevano cominciato la propria professione.
Poi siamo entrati sempre più in competizione con il mercato estero e quindi alcune categorie di lavoratori furono oggetto di aggiornamenti professionali che avvenivano in tempi ove era possibile accettare e condividere il “cambiamento”.
Oggi invece la velocità con cui la competizione globale genera nuovi business, è talmente elevata da non consentire in tempi adeguati di riqualificare quei lavoratori la cui mansione non è più considerata “core business” per l’azienda in cui lavorano.
Alcune ricerche sociali rilevano come la frenesia di introdurre dei cambiamenti organizzativi in azienda che necessitano di nuove figure professionali non avvengano in sinergia con una vision politica capace di anticipare e capire i cambiamenti; e ciò a scapito di ridisegnare in modo adeguato gli equilibri sociali per far ben convivere lo sviluppo tecnologico con la qualità della vita delle persone. E se tale gap aumenterà sempre più nei prossimi anni il rischio sarà di ritrovarsi milioni di lavoratori fuori dal mercato del lavoro perché non preventivamente preparati culturalmente e professionalmente alle nuove esigenze degli anni 2000.
Perché tale appunto?
Perché rischiamo di appartenere al 21 secolo solo per le conquiste tecnologiche mentre dal punto di vista del benessere individuale stiamo subendo un processo involutivo!
E forse non c’è ancora sufficiente consapevolezza nel comprendere questo fenomeno che se non sarà governato per tempo e nel migliore dei modi, si rischierà soprattutto in occidente di creare dei conflitti sociali che oggi, ed è la bella notizia, si possono ancora evitare.
Che fare per disegnare un futuro che sia capace di migliorare la qualità della vita e facilitare il cambiamento lavorativo nei prossimi anni?
Serve sicuramente una sinergia tra la politica, il mondo del lavoro e quello accademico: tre attori sociali fondamentali e che devono fare “squadra” per disegnare una nuova società ove lo sviluppo del PIL sia in equilibrio con l’espansione del BIL (benessere interno lordo) dei cittadini.
Per capire il domani serve una consapevolezza di “sistema paese” che abbandonando approcci ideologici, metta al centro il cittadino per pianificare e governare il cambiamento e non per subirlo.
L’uomo ama migliorarsi e il cambiamento se gestito in un certo modo può essere un’opportunità e in grado di migliorare le condizioni sociali e economiche di tutti.
In occidente una caratteristica fondamentale che sarà richiesta ai lavoratori nel prossimo lustro, sarà una spiccata intelligenza emotiva che non viene insegnata e sviluppata a scuola e tanto meno in altri contesti sociali.
Perché è importante sviluppare l’intelligenza emotiva?
Perché andremo verso un mondo del lavoro che erogherà sempre più servizi e le aziende avranno bisogno di figure professionali che alla competenza sappiano sviluppare altre doti che solo un’intelligenza emotiva può offrire per approcciarsi al cliente con nuove modalità che oggi giorno spesso sono trascurate.
Sviluppare l’intelligenza emotiva significa:
- Utilizzare nel migliore dei modi le informazioni emotive che giungono da noi stessi e dagli altri
- Integrare queste informazioni col nostro pensiero
- Utilizzare nel modo adeguato queste informazioni per fare le scelte migliori per raggiungere ciò che vogliamo in ambito lavorativo e privato.
Sviluppare l’intelligenza emotiva significa in sintesi applicare il pensiero ai sentimenti (e viceversa) per guidare il nostro comportamento.
Ottenuto tale risultato si può gestire meglio se stessi e migliorare le relazioni con gli altri e soprattutto si sviluppa ancor di più il proprio rendimento, la propria capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Di seguito alcuni vantaggi che si ottengono sviluppando l’intelligenza emotiva:
- Miglioramento delle relazioni
- Miglioramento della comunicazione con gli altri
- Miglioramento delle capacità empatiche
- Capacità di agire con integrità
- Rispetto da parte degli altri
- Migliori prospettive di carriera
- Più fiducia nell’affrontare il cambiamento
- Senso di fiducia e positività
- Riduzione dello stress
- Aumento della creatività
- Capacità di imparare dagli errori.
Siamo esseri emozionali ma siamo educati a sviluppare solo l’intelligenza razionale quando il presente ci chiede doti e caratteristiche "emotive".
Ecco perché è importante un gioco di squadra tra la politica, il mondo del lavoro e quello accademico perché lo sviluppo di queste capacità deve avvenire a tutti i livelli della società.
Nelle aziende queste doti devono appartenere al management e a chi si occupa di recruitment perché se non si genera questo cambiamento culturale sarà più difficile creare un lavoratore con quelle soft skill necessarie per affrontare e governare i cambiamenti richiesti dall’industria 4.0.
Quali sono le skills che sono ritenute fondamentali nel mondo del lavoro entro il 2020?
- Capacità di problem solving
- Il pensiero critico
- Creatività
- La gestione delle risorse
- Capacità di giudizio e di prendere decisioni
- Capacità di aiutare i colleghi
- Negoziazione, capacità di sapersi relazionare con clienti, colleghi e superiori e di saper collaborare con gli interessati
- Flessibilità cognitiva, capacità di destreggiarsi e muoversi tra diversi sistemi o metodi di pensiero.
Conosciamo ciò che serve per vivere nel migliore dei modi il futuro nel breve periodo, (cosa fare).
Ora bisogna chiedersi se possediamo altre risposte per dare concretezza a quanto descritto fino ad ora:
- perché fare certe scelte,
- come concretizzare in modo efficace quanto deciso,
- e in che tempi realizzare quanto pianificato per generare un corretto equilibrio tra il PIL e il BIL.
La possibilità di utilizzare il libero arbitrio nel migliore dei modi, sarà strettamente legato alla volontà di introdurre dei cambiamenti culturali ad ogni livello nella società e che dovranno essere condivisi e attuati sviluppando una nuova consapevolezza di “sistema paese”.
Le novità epocali che ci aspettano genereranno risposte positive in proporzione all’impegno offerto da tutti gli attori sociali prima descritti nel sentirsi gli unici attori protagonisti nel disegnare una società capace di ottenere dei benefici dalle sfide che ci attendono nel breve e medio periodo.
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